26 maggio 2009 ---- Ciao e grazie, Paolo Maldini
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Abbandona un pezzo di storia sportiva del calcio italiano. Veste la maglia del Milan, l’ha sempre indossata, difendendola, onorandola. Amiamo e tifiamo i colori bianconeri, ma non possiamo esimerci dall’applauso a un grande campione.
Paolo Maldini è stato uno dei rari e limpidi esempi di sportivo che travalica la passione campanilistica e il tifo. Scirea, Facchetti, Zola i primi nomi che ci vengono in mente di grandi uomini diventati campioni.
Higlander portatori sani di valori sempre più sbiaditi. Dopo l’addio di Maldini e quello prossimo di Pavel Nedved restano in corsa con la loro voglia gioiosa di prendere a calci un pallone Del Piero e Xavier Zanetti.
Carriere che si rincorrono e si assomigliano. Lavoro, sudore, vittorie, fama, gloria e soldi non si può negarlo. Avrebbero potuto guadagnare cifre notevolmente più alte bastava mettersi sul mercato come costume, per noi volgare, di tanti prezzolati colleghi.
No, la prostituzione non rientra nel loro DNA. Sentirsi tattuata addosso una maglia, sentirla come seconda pelle non ha valore, non è barattabile. Vincere con i colori che tu ami ha un valore doppio, ricevere applausi dagli avversari non è quantificabile.
Maldini ha rappresentato 25 anni di calcio. È stato il nostro amico che ha giocato per un’altra squadra. Adesso che esce dal campo, in maniera semplice ed elegante come la sua carriera, lo salutiamo con una pacca sulla spalla e un: Grazie, Paolo.
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